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Storia di Tursi

Aggiornamento: 30 mag 2021

Tursi è la città di Albino Pierro, poeta dialettale contemporaneo più volte vicino ad aggiudicarsi il Premio Nobel per la letteratura grazie alle sue opere tradotte in molte lingue del mondo.

In suo nome è stato aperto un Parco Letterario che ogni anno ospita iniziative lodevoli che mantengono vivo il ricordo di una delle figure più importanti e carismatiche della città di origine araba.




Proprio per le sue radici, Tursi con la sua Rabatana è candidata a Patrimonio dell’Unesco, unitamente alle Rabatane di Tricarico e Pietrapertosa.

Chi arriva a Tursi può notare che il suo territorio è diviso in diversi Rioni, ciascuno ben delimitato e con precise peculiarità. Il più antico e famoso di questi è la Rabatana, sorto intorno al Castello tra il V e il VI secolo, letteralmente circondata per ogni lato da profondi e inaccessibili burroni, quelli che costituiscono il fantastico mondo delle “Jaramme” citate proprio da Pierro.

Furono i Goti a costruire il Castello attorno al quale sorsero le prime case in pietra, facendo della Rabatana il primo nucleo abitativo di Tursi che, grazie all’ottima posizione di difesa, continuò ad ingrandirsi fino a diventare un centro popolato ed importante, che custodisce tradizioni e diffonde la cultura locale. Il poeta Albino Pierro ha fatto della Rabatana la fonte ispiratrice della sua poesia. Qui si possono ripercorrere le stradine dei ruderi del nucleo originario con le povere abitazioni che spesso comprendevano solo un vano al pianterreno.

Per arrivare alla Rabatana si percorre un’ampia e ripida strada che si estende sui burroni per oltre 200 metri, una sorta di gradinata chiamata in dialetto la petrizze, sorta al posto di un pericoloso viottolo. A spiccare nei pressi della petrizze che porta alla Rabatana è il Picciarello, costituito da un lembo di terra che dalla collina del Castello si protende verso mezzogiorno, circondato da precipizi.

Dello stesso rione fa parte anche la Chiesa Collegiata di Santa Maria Maggiore eretta tra il X e l’XI secolo che si presenta con la facciata quattrocentesca e gli interni in stile barocco. L’interno è a tre navate con soffitto a cassettoni e un transetto interamente decorato con affreschi, dipinti ed arredi. La Sacrestia è arredata con massicci armadi lignei e dalla cappella si accede al presepe in pietra costruito nel 1550 ed attribuito ad Antonello Persio che ha lasciato tracce significative della sua arte scultorea a Matera e dintorni. In fondo alla navatella di sinistra si trova la cappella del trittico trecentesco che raffigura la Vergine dell’Icona in trono con il Bambino e scene della vita di Gesù e della stessa Vergine, quadro che si fa risalire alla scuola di Giotto ed ha un pregevole valore artistico.

In piazza Plebiscito, nel rione San Filippo, si affaccia l’omonima Chiesa del protettore della città, che si presenta con un’elegante facciata barocca e tre navate ciascuna decorata con pregevoli opere d’arte. Altrettanto famoso è il Palazzo del Barone Brancalasso, che spicca tra le strette viuzze in pietra, attorno al quale aleggiano diverse leggende secondo le quali il proprietario vendette l’anima al diavolo. Si dice che l’intero edificio venne realizzato in una sola notte da un gruppo di diavoli che, bloccati per sempre sulla terra dalle luci dell’alba, rimasero in questa dimora sotto forma di statue che, effettivamente, arricchiscono il palazzo, ma rappresentano la giustizia, la pace e la carità.

Nella centralissima Piazza Maria SS di Anglona, troviamo poi la Cattedrale dell’Annunziata, distrutta da due incendi nel 1988 e riaperta al culto nell’immediatezza del Giubileo del 2000.

Ultimo gioiello della città è senza dubbio la Basilica Minore di Anglona situata a cavallo tra Tursi e Policoro.

La chiesa che risale al XI – XII secolo, è a croce latina e dispone di tre navate, la centrale larga e molto alta, mentre le due navate esterne, strette e basse. In origine il santuario era ricco di pregevoli affreschi che raffiguravano episodi del vecchio e nuovo Testamento, sulle colonne sono tuttora presenti figure di Santi. Sulla parete destra della navata centrale sono ben visibili ancora scene del vecchio testamento.

Un'antica leggenda narra di un giovane pastorello che, mentre pascolava il suo gregge sulla sommità della collina "Variante", a metà strada tra Tursi ed Anglona, vide avvicinarsi una "bellissima Signora", che gli chiese di recarsi in paese, per invitare gli abitanti del luogo ad andarLa a prendere. La gente prima incredula, poi sempre più curiosa si dirige sulla sommità della collina dove ritrova la statua della Madonna e la riporta nel suo santuario. Nel luogo del ritrovamento fu costruito un capitello votivo in mattoni e, a ricordo dell'avvenimento, vi fu posta una croce in legno. Da allora tutti gli anni, la prima domenica dopo la Pasqua, la Madonna viene portata a spalle per un percorso di oltre 10 km, dal santuario alla cattedrale di Tursi.

Dal punto di vista enogastronomico, Tursi è famosa in tutto il mondo per le arance, con una varietà autoctona denominata Staccia, che può raggiungere fino ad un chilo e mezzo di peso, divenendo di fatto un prodotto di nicchia pregiato.

Oltre agli agrumi troviamo anche delle drupacee d’eccellenza come le percoche e le albicocche e una fiorente olivicoltura e viticoltura.


'C c'arrvè alla Ravaten s nchianet a Ptrizz, ca parete na sckej appuntllet a na timpa sciullet'


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